Il fotografo di Mauthausen

 La fotografia e il suo rapporto ambiguo con la realtà: racconto oggettivo o interpretazione? 


Premessa 

27 gennaio, giornata della memoria, per commemorare le vittime dell'Olocausto e per non dimenticare.
Con la professoressa di Italiano abbiamo visto un film che è stato tratto da una storia vera: " Il fotografo di Mauthausen".

Trama 

E' la storia vera di questo prigioniero nazista che inizia a nascondere negativi per far sapere a tutti la crudele verità di quello che succede nei campi di concentramento, precisamente nel campo di concentramento di Mauthausen.
Il protagonista è Francisco Boix un giovane ragazzo che viene assegnato al laboratorio fotografico e costretto a fotografare cadaveri, con l'aiuto di altri compagni riesce a rubare le pellicole e dopo anni riesce a far vedere la vera e dura verità dietro i campi di concentramento. 



Francisco Boix era un partigiano comunista spagnolo, venne rinchiuso nel campo di concentramento di Mauthausen e lì fece da fotoreporter per conto del SS, dove fotografava tutti i crimini commessi dai nazisti.

Macchina fotografica

Come abbiamo detto prima il protagonista ha sempre una macchina fotografica e si tratta di una "Leica", una macchina degli anni 40', Leica infatti è una società che produce macchine fotografiche e apparecchi ottici specifici per la fotografia. 
Leica è anche un marchio che riunisce quattro diverse aziende europee, operanti nel settore dell'ottica e dell'elettronica attiva delle produzioni di microscopi. 


Triangolo azzurro 

Indossavano il triangolo azzurro tutti gli spagnoli imprigionati che hanno lottato contro il regime nazista o prelevati dai campi profughi, a seguito della loro fuga franchista, i primi ad arrivare furono i prigionieri politici.
Franz nel fil infatti lo indossava. 

La visione differente dei due fotografi

La visuale del detenuto e ben diversa dalla visione dell' ufficiale nazista, il detenuto Franz vede la fotografia come unico mezzo di comunicazione, per poter comunicare al resto del mondo la brutalità dei nazisti, invece l'ufficiale Paul Ricken per ogni foto si impegna tanto e la foto deve risultare perfetta. 
Il "Capo di identificazione" mette in risalto le torture che facevano nei campi e rende i campi di concentramento un bel luogo, felice e dove tutti si divertivano, in realtà non fu proprio così... e tutto quello che era "bello" era solo finzione. 

Conclusione 

Il film mi è piaciuto, principalmente perchè si basa su una storia vera e mi è piaciuto come hanno introdotto la fotografa in un film sull'Olocausto. 



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